Jacopo Bassano e lo stupendo inganno dell’occhio

Jacopo BassanoJACOPO BASSANO. E LO STUPENDO INGANNO DELL’OCCHIO
Bassano del Grappa, Museo Civico
6 marzo - 13 giugno 2010

Inediti e prime visioni per la mostra che apre le Celebrazioni per il 500° anniversario della nascita dell'artista

Dall’operosa campagna veneta del primo Cinquecento, da una solida tradizione di lavoro artigianale - il nonno un conciatore e il padre impegnato, come pittore, in ogni sorta di lavoro manuale connesso a tale pratica - emerge la forte personalità e l’esperienza pienamente rinascimentale di Jacopo Bassano, artista affascinante, capace di conquistarsi, con il suo sperimentalismo e l’amore per gli elementi naturali del suo mondo ai piedi delle Alpi e lungo il Brenta, uno spazio di forte originalità, accanto a grandi artisti come Tiziano, Tintoretto e Veronese.

Proprio a Jacopo, capostipite di una nutrita famiglia d’artisti, la Città di Bassano del Grappa e la Regione del Veneto tributano un doveroso omaggio in occasione dei 500 anni dalla nascita - ancora in bilico tra il 1510 e il 1512 - avviando un ambizioso programma celebrativo triennale, che prenderà il via il prossimo 6 marzo con la mostra, allestita presso il Museo Civico,Jacopo Bassano e lo stupendo inganno dell’occhio(6 marzo – 13 giugno 2010), promossa insieme a Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Antonveneta e Fondazione Cariverona, con la collaborazione della Soprintendenza BSAE per le province di Verona, Rovigo e Vicenza e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Ministero degli Affari Esteri e della Provincia di Vicenza, organizzata in collaborazione con Villaggio Globale International e con catalogo Electa.

Dalla sua Bassano - che non volle lasciare neppure quando Rodolfo II, affascinato dalle sue “Stagioni”, lo chiamò a Praga come pittore di corte – Jacopo riuscì ugualmente ad aggiornarsi e a cogliere, con trasporto, gli stimoli e le suggestioni provenienti non solo da Venezia ma anche dall’Italia centrale; e straordinaria fu la libertà e la capacità con cui se ne servì per inventare di volta in volta una pittura sempre nuova, che ne ha fatto - come ebbe a scrivere anche Roberto Longhi - “forse la personalità più complessa e il soggetto più significativo per la portata secolare dei suoi svolgimenti”: sicuramente uno dei più originali e potenti interpreti del rinnovamento della pittura veneta del secondo Cinquecento, il più grande pittore della realtà prima di Caravaggio.

La mostra, facendo dialogare 15 selezionati dipinti e un disegno - autentici capisaldi della produzione di Jacopo di provenienza europea ed extraeuropea, molti dei quali mai esposti in Italia o addirittura inediti – con le 22 opere dell’artista custodite nel salone dalpontiano dal Museo Civico di Bassano (la collezione di suoi lavori più ricca in assoluto), si propone come un’eccellente ricostruzione del percorso del grande artista dagli esordi fino alla fine degli anni Sessanta, con alcune incursioni negli anni Settanta e Ottanta - grazie alle opere più tarde tra quelle conservate in loco - che anticipano e preannunciano l’approfondimento previsto con l’esposizione di chiusura della celebrazioni, nel dicembre 2012 , volutamente dedicata all’ultimo Jacopo, i figli, la scuola e la sua eredità. Da Londra, Parigi, Budapest o Berlino fino a Houston e l’Havana, le opere riunite nella città natale per questa sorta di “festa di compleanno” si contraddistinguono dunque per la loro altissima qualità e consentono di acquisire ulteriori conoscenze nell’arte del Da Ponte: un cammino, il suo, iniziato all’insegna di un nuovo naturalismo, poi superato in nome di un manierismo esasperato, per giungere a un inedito linguaggio caratterizzato da un uso particolare del colore e della luce.

Curata da Giuliana Ericani e Alessandro Ballarin l’esposizione apre con un assoluto inedito, di collezione privata inglese, La Cacciata dei mercanti dal tempio, che, affiancato alla famosa Fuga in Egitto proveniente dalla Chiesa di San Girolamo e ora al Museo Civico, mostra i primi tentativi di trovare una strada personale tra le sollecitazioni lagunari di Bonifacio e di Tiziano e gli esempi della pittura lombarda, bresciana in particolare, elaborando un naturalismo sempre più legato alla resa realistica della quotidianità.

Un’attenzione alla realtà che, anche nelle opere successive, non si accontenta di collocare la scena nel suo contesto di aria e di luce e quindi nel suo divenire, ma la riempie di “frammenti di vero”, “tanto più urtanti quanto più ellittici, cioè mozzati dal loro contesto”, come ha efficacemente notato Alessandro Ballarin. “Frammenti” già preannunciati nelle Scene Bibliche del Museo di Bassano, dove alcuni brani, marginali al racconto, si staccano dal contesto grazie a pennellate decise e rivendicano un ruolo di primo piano, dotati di una “fisicità” inaudita - un tappeto che sembra di toccare, un trombettiere còlto nella puntualità del gesto ecc. - tipica della sua pittura, se è vero, come racconta anche Bellori, che lo stesso Annibale Carracci fu vittima di un “inganno ottico” nello studio di Jacopo, quando stese la mano per prendere un libro che invece era dipinto. Sempre alla fase giovanile appartiene anche una singolare Adorazione dei magi recentemente rinvenuta a Roma e mai esposta, iconograficamente singolare per la presenza anche dei pastori, nonché per la consistenza, nel brano pittorico, di animali come il dromedario e l’elefante: presenza da ricollegare all’inserimento di animali nel terzo registro dell’affresco di casa Dal Corno, esposto nel salone dalpontiano del Museo. Se l’improvvisa adesione di Jacopo al linguaggio del manierismo e l’interesse nei confronti delle eleganze parmigianinesche risultano già evidenti in opere come il Martirio di Santa Caterina del Museo di Bassano o nella Andata al Calvario proveniente da Glyndebourne, mai esposto prima d’ora, la nuova fase sperimentale viene focalizzata - in questa occasione - grazie ad un nucleo notevolissimo di prestiti: una fase “connotata da una libertà spericolata di esperienze” in cui Bassano non teme di cimentarsi “sulle chiavi più diverse della tastiera manieristica italiana e nordica” . Così per la prima volta è possibile per esempio vedere insieme il Riposo durante la fuga in Egitto della Pinacoteca di Brera, mai prestato ad una mostra, affiancato a quel dipinto sconcertante e del tutto eccezionale nel corpus pittorico bassanesco che sono i “Due bracchi legati al tronco di un albero” prestati dal Louvre e all’importante “Studio per una testa maschile di profilo” prezioso disegno di proprietà del Comune di Bassano, rinvenuto come foglio sciolto tra le pagine del Libro secondo.

L’esperienza manieristica si traduce in immagini di immediata presa fantastica, in possibilità inedite di racconto che spezzano la visione gerarchica e unitaria del Rinascimento, con anacoluti e arditezze capaci di una più efficace resa degli affetti. Jacopo trova in questa nuova dimensione fantastica nuovi orizzonti pittorici, ove entrano in primo piano anche gli aspetti meno “edificanti” della realtà. Il dipinto dell’Ambrosiana, in particolare, è tra quelli del quinto decennio che, per l’attenzione acutamente focalizzata sul dettaglio realistico con inserti di oggetti e di animali, maggiormente possono introdurre allo sviluppo tematico dei Due cani del Louvre i quali, comunque, risultano del tutto eccezionali in quanto in realtà mera “occasione pittorica”. Nella tela, le sagome dei due animali sono accampate in assoluto primo piano, con una fisicità prorompente e assoluta meticolosità nella resa dei dettagli anatomici – la stessa fisicità che si coglie nello studio del profilo a penna e inchiostro - mentre la situazione e l’ambiente sono solo suggerite, con soluzioni che “ancora una volta passano per le vie della fantasia e non dell’obbiettività”.

Il percorso espositivo prosegue, offrendo altre importanti prime visioni per il pubblico italiano e occasioni di riflessione: dall’Adorazione dei Magi del Barber Institute of Fine Arts di Birmingham a un bellissimo inedito Ecce Homo di collezione privata, dall’intenso Ritratto di senatore veneziano, dello Staatlichen Museen di Berlino, mai presentato in Italia - che per altro mette in luce, assieme al Ritratto di cardinale da Budapest, la qualità introspettiva della ritrattistica di Bassano, assolutamente sottovalutata – fino al San Cristoforo proveniente, in prima assoluta, dall’Havana. Proprio con la preziosa tela dell’Havana, insieme al San Giovanni Battista nel deserto del Museo di Bassano e alla splendida Madonna col Bambino e San Giovannino di proprietà della Banca Popolare di Vicenza (acquistata ad un’ asta in Svizzera – dopo che il dipinto era stato rubato e recuperato – e ricondotta in Italia nel 1995), si apre la fase finale del manierismo di Jacopo e s’introducono la prime“pastorali” del grande artista. Siamo alla fine degli anni Cinquanta: alla riflessione sulla pittura di Parmigianino e Salviati comincia dunque a unirsi e anche l’attenzione per la natura, intesa in termini di luce e colore: un “luminismo di tocco”, inteso come forte densità materica dal colore steso a corpo e la ricerca di un nuovo potere espressivo della luce. Ma il dissidio tra maniera e natura, tra artificio e verità in cui Jacopo si è dibattuto per il tratto centrale della sua esperienza, sta per sciogliersi. Straordinaria in tal senso è la presenza a Bassano del Grappa – per la prima volta in Italia - dell’Annuncio dei Pastori della collezione del Duca di Rutland, da Belvoir Castle nel Leicestershire. Un soggetto di cui sono note altre versioni ma che qui risulta più maturo, imponendo una lettura dinamica della composizione grazie alle diverse situazioni di luce proposte: dalla luce fredda, limpida e di tonalità argentea di gran parte del quadro - in rapporto con un registro emotivo sognante e silenzioso e con la luce divina dell’angelo – a quella calda e accesa e alla pittura pastosa e vigorosa del pastore ritto a sinistra, che introduce un nuovo registro emotivo.

La nuova forza unificatrice attribuita alla luce appare finalmente prepotente in un altro capolavoro in mostra: l’Adorazione dei pastori, proveniente da Houston (dal Museum of Fine Arts ove è in deposito da collezione privata) databile ancora all’inizio di quel settimo decennio che introduce il tema delle “pastorali”: esemplare firmato – rarità in una data così avanzata - eccezionale per qualità e stato di conservazione. Proposto accanto al San Girolamo delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, ove il volto del santo – come quello di San Giuseppe della tela di Houston – ha la verità del ritratto con una condotta frantumata dalla luce, questa Adorazione si affianca dunque alle opere che segnano la fine della stagione manieristica e pongono i presupposti della maniera tarda del pittore: punto di transizione tra le prime prove di scene biblico-pastorali e la loro piena affermazione. Jacopo inaugura il suo linguaggio maturo, libero da ogni formulazione di maniera, rivolgendosi alla rappresentazione estremamente realistica della natura, “dove la vita di una rustica umanità in paesaggi crepuscolari assume coerente valore di poesia”.

Solo con queste premesse, secondo Ballarin, il pittore approda ad un quadro come il cosiddetto Presepe di San Giuseppe di proprietà del Museo Civico di Bassano del Grappa “momento di sintesi tra il genere della pala d’altare e quello pastorale, solenne e classico nella partitura compositiva, ma infinitamente naturale nella materia pittorica tutta contesa di aria e di luce, ove il colore ha acquistato una sommessa, muta preziosità” . Con quest’opera si apre la carrellata finale dei lavori più tardi di Jacopo che sono in proprietà del Museo bassanese, con capolavori come la Circoncisione - pala realizzata per il Duomo di Bassano nel 1577, firmata da Jacopo e Francesco - il Battesimo di Santa Lucilla tanto ammirato da Gianbattista Tiepolo, fino all’Orazione di Gesù nell’Orto del 1590. In quel ventennio Jacopo avrà ancora molto da dire e da sperimentare pur affiancato in molti casi dai figli e dalla bottega. Verranno le tante opere di genere richiestissime dai collezionisti di tutta Europa, la pittura crepuscolare, i cicli fortunati come le Stagioni o le Storie di Noè, le ben note rappresentazioni di parabole ambientate tra cucine con il focolare, la dispensa e i rami appesi sopra la mensola, o le tavole imbandite nell’aia, ma anche la meditazione sulla pittura di Tiziano. Verranno le pitture di Francesco e Leandro e le produzioni di bottega, ma questo è un altro capitolo della grande epopea del Bassano e il cuore dell’appuntamento del 2012.

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